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Tubercolosi – Linee Guida

Tubercolosi – Linee Guida

INTRODUZIONE: Con un terzo della popolazione mondiale infettato (positività alla tubercolina) dal Micobacterium Tubercolosis e con la previsione, nel prossimo decennio, di 30 milioni di decessi (W.H.O.) se non vi saranno interventi efficaci, la tubercolosi è ancora la malattia infettiva più diffusa nel mondo e costituisce per tutti i paesi, anche quelli industrializzati, un’emergenza sanitaria di primario interesse. Questa situazione si è determinata perché l’erronea persuasione che la tubercolosi fosse ormai vicina all’eradicazione ha portato negli anni trascorsi ad una caduta generalizzata della sorveglianza e del controllo della malattia. A questo atteggiamento si sono aggiunti altri fattori di ordine sociale quali i flussi migratori da paesi ad alta endemia tubercolare di soggetti che vivono in condizioni ambientali precarie e la diffusione dell’infezione HIV con alta incidenza di co-infezioni HIV-TB. Altro elemento preoccupante è costituito dall’aumento di ceppi micobatterici resistenti ai farmaci antitubercolari con gravi ripercussioni terapeutiche. Per questa ragione è fondamentale, secondo le strategie indicate dalla WHO, ricordare che la diagnosi tempestiva e rapida, il trattamento efficace ed il monitoraggio sistematico dei malati di tubercolosi attiva e contagiosa costituiscono i cardini del controllo della malattia e, riducendo la diffusione del contagio, sono la forma più importante di prevenzione. Inoltre altre strategie, quali le misure igieniche, la ricerca attiva dei casi, la vaccinazione BCG e la chemioterapia preventiva, seppure importanti in particolari condizioni ed in gruppi a rischio, non costituiscono un’efficace forma di prevenzione. D’altro canto ritardi diagnostici, insufficienza e disomogeneità di trattamento possono essere causa di fallimento terapeutico, e conseguentemente, di mancato controllo dell’infezione.

STRATEGIA TERAPEUTICA DELLA TUBERCOLOSI

I cardini di una strategia che consenta la guarigionedei malati di tubercolosi attiva e contagiosa e la riduzione delle fonti di infezione nel più breve tempo possibile sono quindi la diagnosi precoce e la terapia tempestiva ed efficiente. Per realizzare un trattamento terapeutico efficace è indispensabile, espletati i prescritti accertamenti diagnostici, prescrivere schemi terapeutici corretti, controllabili, basati sull’assunzione di farmaci collaudati, alla dose idonea e nei tempi adeguati. E’ altresì indispensabile che l’assunzione dei farmaci sia regolare e direttamente controllata. I farmaci antimicobatterici debbono rispondere a proprietà che li rendano attive sui germi in rapporto alle loro caratteristiche metaboliche ed alla loro localizzazione. Poiché i micobatteri vengono distinti in: 1) bacilli a crescita continua; 2) bacilli a crescita intermittente; 3) bacilli endocellulari (fagocitati dai macrofagi) a metabolismo rallentato (“persistent”); 4) bacilli metabolicamente inattivi (“dormiant”), un farmaco “ideale” dovrebbe possedere contemporaneamente numerose proprietà, ed in particolare essere: a) battericida sui germi in fase di replicazione continua; b) attivo sui micobatteri in fase di metabolismo rallentato (azione sterilizzante); c) attivo in sede intracellulare (a pH acido); d) capace di prevenire l’insorgenza di resistenza; e) attivo in somministrazione intermittente. Su queste basi è stata formulata una classificazione dei farmaci antitubercolari; quelli che sono caratterizzati in maniera più completa da queste proprietà sono stati chiamati di prima linea (Isoniazide, Rifampicina, Pirazinamide, Etambutolo, Streptomicina). Quelli che possiedono parzialmente le caratteristiche ideali sono stati definite di seconda linea (PAS, Kanamicina, Amikacina, Capreomicina, Etionamide, Cicloserina, Terizidone e Tioacetazone). Infine vi sono farmaci di recente introduzione, indicati in situazioni particolari, fra i quali vanno ricordati i derivati rifaminici (Rifabutina e Rifapentina), i numerosi fluorochinoloni, i betalattamici più acido clavulanico, i nuovi macrolidi (Roxitromicina, Claritromicina, Azitromicina). L’impiego in monoterapia dei farmaci antitubercolari, anche di quelli di prima scelta, è da proscrivere rigorosamente, perché se da una parte è ipotizzabile l’eliminazione dei micobatteri sensibili al singolo farmaco, dall’altra si realizza la selezione dei germi spontaneamente resistenti, che possono proliferare per mancata competizione con i8 ceppi sensibili, eliminati dall’antimicobatterico usato. Conseguentemente con questo meccanismo si determinerebbe la persistenza dei germi resistenti ai vari farmaci, se usati in monoterapia. Per questa ragione gli schemi terapeutici prevedono associazioni farmacologiche di 3-4-5 farmaci, variamente alternate in rapporto ai quadri clinici ed alla fase evolutiva della malattia tubercolare. L’associazione, come già sottolineato, ha due finalità: – la prima è quella di pervenire all’eliminazione di sottopopolazioni batteriche in varia fase di attività metabolica ed a diversa localizzazione; – la seconda è quella di prevenire le sottopopolazioni di mutanti resistenti, con l’obiettivo ultimo di realizzare la sterilizzazione e la stabilizzazione delle lesioni tubercolari. Per queste ragioni i regimi terapeutici, se correttamente applicati, si sono dimostrati efficaci ai fini della guarigione clinica e della persistente negativizzazione dell’espettorato nella quasi totalità dei casi. Un ostacolo alla realizzazione di questi risultati è però costituito dalla complessità e dalla contemporaneità delle somministrazioni, con possibili frequenti ripercussioni pratiche negative. Per risolvere questi problemi da più parti sono state proposte le associazioni fisse dei farmaci. Le più note e le più valide sono costituite dall’associazione di due farmaci (isoniazide e rifampicina; rifampicina e pirazinamide) o di tre farmaci (isoniazide, rifampicina e pirazinamide) in dosi scelte in accordo con le maggiori organizzazioni internazionali, in maniera da rendere più semplice l’aggiustamento del dosaggio e la contemporaneità delle somministrazioni in uniche unità posologiche tali da ridurre il numero delle assunzioni quotidiane. Contemporaneamente si rende più semplice il controllo dell’avvenuta assunzione e si ostacola l’uso accidentale o volontario di un solo farmaco.

SCHEMI DI TRATTAMENTO

In accordo con l’OMS, i regimi terapeutici debbono considerare una fase iniziale di almeno due mesi durante i quali la somministrazione dei farmaci prescelti deve essere giornaliera, con scrupolosa adesione agli schemi da parte del malato. Questo primo periodo deve essere particolarmente seguito perché essenziale ai fini del risultato finale e per prevenire l’insorgenza di farmacoresistenza. L’applicazione di questa fase, seguita da una seconda fase di quattro mesi con riduzione dei farmaci in associazione, ha permesso la realizzazione della cosiddetta “terapia breve della tubercolosi”. Essa sfrutta inizialmente l’azione contemporanea di Isoniazide, rifampicina, Pirazinamide ed Etambutolo o Streptomicina per sfruttarne le rispettive attività battericida, endomacrofagica, sterilizzante sui germi che si moltiplicano in modo intermittente, preventiva sulla resistenza. Nei quattro mesi successivi il proseguimento della terapia è affidato a Isoniazide e Rifampicina, farmaci che assommano il maggior numero di requisiti. Dalle segnalazioni della letteratura, con questo schema nei pazienti di primo accertamento si sono ottenuti risultati di assoluta validità, testimoniati dalla negativizzazione delle colture nel 98-100% dei casi e da una percentuale di ricadute inferiore al 5% nell’arco di 2-5 anni. I regimi consigliati, derivati dalle raccomandazioni dell’OMS, modificate dalla Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri sono divise in quattro categorie, secondo le priorità di trattamento. Categoria 1° Alta priorità – trattamento urgente E’ costituita da nuovi casi di tubercolosi polmonare escreato positiva e da altri nuovi casi gravi (meningite, TB disseminata, pericardite, peritonite, pleurite bilaterale o estesa, TB spinale con gravi disturbi neurologici, TB escreato-negativa con danni parenchimali estesi, TB intestinale e genitourinaria). In questi pazienti il regime suggerito è costituito da Isoniazide, Rifampicina, Pirazinamide, Etambutolo o Streptomicina per 2 mesi e Rifampicina e Isoniazide per 4 mesi. Se la positività è persistente la 1° fase si prolunga fino a 3 mesi; nei casi ancora più gravi la fase intensiva può essere protratta fino a 6 mesi. Il trattamento urgente deve essere sempre supervisionato. Categoria 2° Alta priorità di trattamento Comprende i casi di recidiva, di fallimento ed i casi persi al trattamento che tornano al controllo. Il regime proposto è di 2 mesi con Isoniazide, Rifampicina, Pirazinamide, Etambutolo e 5 mesi con Isoniazide, Rifampicina e Etambutolo, preceduto da un antibiogramma. Se il test evidenzia resistenza ad Isoniazide o Rifampicina, la terapia con i due farmaci può essere proseguita, aggiungendo però altri due farmaci attivi. Se il test dimostra sensibilità, il protocollo della categoria 2° verrà sospeso e si riprenderà con il protocollo della categoria 1°. Se persiste positività si debbono praticare per 3 mesi cinque farmaci: Isoniazide, Rifampicina, Pirazinamide, Etambutolo e streptomicina ed un altro mese quattro farmaci Isoniazide, Rifampicina, Pirazinamide e Etambutolo. Se al termine persiste positività e resistenza, è scarsa la probabilità di negativizzazione ed è necessario l’ospedalizzazione in un centro ad alta specializzazione. Categoria 3° Alta priorità di trattamento in presenza di TB escreato-negativa, bassa se extrapolmonare Comprende la tubercolosi polmonare di estensione limitata e la extrapolmonare non inclusa nella categoria 1°. La terapia proposta comprende 2 mesi con Isoniazide, Rifampicina e Pirazinamide + 4 mesi con Isoniazide e Rifampicina. E’ opportuna una supervisione specialistica anche per il controllo della negatività dell’espettorato. Categoria 4° Bassa priorità di trattamento Comprende la tubercolosi polmonare cronica caratterizzata frequentemente da poliresistenza ai farmaci. La probabilità di guarigione è abbastanza scarsa ed è consigliabile un trattamento in centri ad elevata specializzazione per la possibilità di usare farmaci di seconda scelta e nuovi farmaci, di controllarne l’efficacia con periodici antibiogrammi e di verificarne la tollerabilità per i frequenti effetti collaterali.

POSOLOGIA DEI FARMACI ANTITUBERCOLARI

La posologia consigliata per i farmaci citati, indicata in mg/kg/die, è la seguente: Isoniazide 5 mg, Rifampicina 10 mg, Pirazinamide 30 mg, Etambutolo 15 mg, Streptomicina 15 mg. Va però considerato che le posologie massime sono: Isoniazide 300 mg, Rifampicina 600 mg, Pirazinamide 2000 mg, Etambutolo nella fase intensiva 25 mg/kg/die, e in continuazione 15 mg/mg/die, Streptomicina se l’età supera i 60 anni 750 mg/kg/die, se inferiore ai 60 anni 1000 mg/kg/die.

CONTROLLO DELLA TERAPIA

L’applicazione corretta dei protocolli terapeutici permette il controllo della malattia tubercolare e l’eliminazione dei casi contagiosi; nei casi persistente positività l’utilizzazione delle terapie in modo supervisionato ed in regime di ricovero in reparti specializzati assicura un’ulteriore quota di successi. Il monitoraggio dei pazienti durante la terapia permette infatti di valutare l’efficacia del trattamento, la compliance dei pazienti, gli effetti avversi secondari all’uso dei farmaci. Per un efficace monitoraggio è opportuno prevedere un’ indagine radiologica del torace, completata da altri eventuali approfondimenti radiologici (stratigrafia tradizionale, TAC), all’inizio del trattamento, dopo 2 mesi ed al termine del trattamento; dopo 6-12-24 mesi sono opportuni ulteriori controlli radiologici. L’esame dell’espettorato diretto e colturale su 3 campioni, con determinazione della farmaco-resistenza nei casi positivi, deve essere eseguito all’inizio della terapia, alla fine del trattamento, nonché 6-12-24 mesi dal trattamento. Gli esami ematochimici sono necessari, anche ai fini del monitoraggio della tolleranza dei farmaci, prima di dare inizio alla terapia, dopo un mese di trattamento e successivamente in caso di sintomi di tossicità; se alterati, saranno ripetuti a giudizio medico. Importanti per valutare la compliance dei pazienti e l’insorgenza di disturbi riferibili ai farmaci in uso, sono le visite ed i colloqui periodici, da pervedere, stabilito il primo contatto all’inizio delle cure, dopo un mese e, secondo le valutazioni iniziali, nel corso dei successivi incontri clinico-radiologici.

CHEMIOTERAPIA PREVENTIVA ANTITUBERCOLARE (CHEMIOPROFILASSI)

Per chemioterapia preventiva antitubercolare si intende l’assunzione di farmaci antimicobatterici per un periodo definito, per prevenire , nei soggetti nei quali sia già avvenuto il viarggio tubercolinico, la progressione da infezione a malattia tubercolare; il termine chemioprofilassi deve essere invece riservato ai tentativi farmacologici atti ad impedire l’infezione tubercolare in soggetti a rischio di contagio. L’utilità della chemioterapia preventiva e dimostrata dal fatto che si ritiene che su 100.000 soggetti infettati dal M.T. e non trattati, si sviluppi la malattia dal 5 all’8% dei casi (a seconda che si tratti di paesi industrializzati o di paesi in via di sviluppo); si ritiene infatti che la sua applicazione sia efficace nel prevenire la progressione dall’infezione alla malattia in una percentuale variabile dal 54% all’88% nelle statistiche statunitensi e fino al 93% secondo quelle europee. Allo stato attuale, il farmaco scelto in tutto il mondo per attuare la chemioterapia preventiva è l’ Isoniazide in base a controlli di efficacia, maneggevolezza, tolleranza ed economicità; sono in corso studi per la valutazione della possibilità di utilizzare, per periodi brevi anche altri farmaci (rifampicina e pirazinamide) più attivi su popolazioni micobatteriche in condizioni metaboliche od anatomiche di più difficile aggressione; attualmente però gli studi non sono ancora convalidati ed applicabili. Il criterio di prescrizione della chemioterapia preventiva è basato sul rischio di comparsa di malattia tubercolare che può dipendere da condizioni socio-ambientali, da condizioni patologiche e costituzionali, dall’età e dalla risposta dell’esame tubercolinico. In base a questi criteri, è possibile identificare i soggetti a rischio di progressione dall’infezione alla malattia tubercolare da sottoporre a chemioterapia preventiva.

Gruppo A Soggetti a rischio individuale divisi in rapporto alla risposta tubercolinica

1) soggetti ad alto rischio con PPD 5U. >5mm a) soggetti con infezione HIV o fortemente sospetta (tossicodipendenti per via venosa con difficoltà di prelievo); b) contatti stretti con malati di tubercolosi contagiosa (conviventi, sanitari a rischio professionale). Di questo gruppo i soggetti cutinegativi di età <15 anni, devono essere trattati dopo 2 mesi dal primo test tubercolinico in quanto occorre attendere il responso di un secondo test. 2) soggetti di tutte le età con PPD 5U. >10mm a) soggetti con esiti fibrotici all’ RX del torace casuale, mai trattati in precedenza; b) tossicodipendenti per via venosa HIV negativi; c) soggetti con patologia favorente (silicosi, diabete mellito scompensato, leucomi, morbo di Hodgkin, insufficienza renale, malnutrizione, alcolismo, esiti di grossi interventi sul tubo digerente) o sottoposti a terapia steroidea od altra terapia immunosoppressiva.

Gruppo B Soggetti senza fattori di rischio, con maggiore probabilità di sviluppare TB (es. convivenza forzata)

1) soggetti di tutte le età con PPD 5U. >10mm con recente viraggio (entro 2 anni dall’ultimo controllo) 2) soggetti di età inferiore a 35 anni con PPD 5U. >10mm apparteneti alla popolazione generale ed ai gruppi ad alta incidenza di TB quali gli immigrati da paesi ad alta endemia tubercolare. Nei soggetti di età superiore ai 35 anni con cutipositività >10mm la chemioterapia preventiva non è indicata; potrà invece essere indicato un controllo periodico clinico-radiologico in centro specialistico.

Dosi della chemioterapia preventiva

L’ Isoniazide deve essere somministrata alla dose di 5-10 mg/kg/die (massimo 300 mg/die nell’adulto) per una durata minima di sei mesi, con l’eccezione dei soggetti HIV positivi, nei quali la durata deve essere almeno di un anno. Nel caso di difficoltà di somministrazione giornaliera si potrà adottare una somministrazione bisettimanale alla dose di 15 mg/kg/die (massimo 900 mg/die).

Controlli in corso di chemioterapia preventiva

1) esami ematochimici (VES, glicemia, azotemia, bilirubinemia, AST, ALT, fosfatasi alcalina, gamma GT) all’inizio del trattamento; 2) per i soggetti inferiori a 50 anni, ricerca degli anticorpi anti HIV all’inizio del trattamento (previo consenso informato); 3) controlli periodici a giudizio del centro specialistico di riferimento 4) controllo dell’adesione al trattamento eseguito con periodicità possibilmente mensile e con possibilità di somministrazione controllata del farmaco nei casi di dubbia adesione; 5) esame radiologico del torace al termine del trattamento. L’ Isoniazide deve essere somministrata alla dose di 5-10 mg/kg/die (massimo 300 mg/die nell’adulto) per una durata minima di sei mesi, con l’eccezione dei soggetti HIV positivi, nei quali la durata deve essere almeno di un anno. Nel caso di difficoltà di somministrazione giornaliera si potrà adottare una somministrazione bisettimanale alla dose di 15 mg/kg/die (massimo 900 mg/die).

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